di Thomas Gargano Mai come in questa tornata elettorale l'esito delle elezioni americane è così incerto. Sono in corsa due uomini diversi, così come diverse sono le loro narrazioni. Obama punta alla rielezione, dopo 4 anni di governo nella crisi più grave dopo quella del 29'; Romney è lo sfidante che non ti aspetti, repubblicano per certi versi atipico, uomo d'affari ed ex governatore dello stato del Massachusetts. La lunga corsa alle presidenziali si concluderà martedì 6 novembre, dopo una campagna elettorale combattuta senza esclusione di colpi che ha visto l'economia come tema principale. La grande assente di questa campagna è stata la politica estera, mai così poco determinante nello spostare voti da una parte o dall'altra. Si è parlato molto di economia, non solo a causa della grave recessione che affligge gli Stati Uniti, ma soprattutto perché storicamente il “cittadino medio” americano si reca alle urne (se lo fa) e vota ponendosi questa domanda: stavo meglio 4 anni fa o sto meglio adesso? Potenzialmente la risposta a questa domanda dovrebbe portare un vantaggio a Romney, perché oggettivamente gli americani stanno peggio di 4 anni fa, nonostante gli ultimi dati confermino tiepidi passi avanti in termini di occupazione. In questi ultimi anni gli Stati Uniti hanno fatto passi da gigante in termini di uguaglianza sociale e parità di diritti, con un'estensione del medicare impensabile senza la spinta propulsiva impressa da Obama. Ma non basta purtroppo, o meglio non basta per vincere agevolmente le elezioni; questo perché gli innegabili successi ottenuti vanno valutati al netto di una crescita del debito federale che ha raggiunto livelli mai visti prima. Parlando in termini concreti, diventerà Presidente degli Stati Uniti il candidato che otterrà almeno 270 grandi elettori sui 538 in palio, suddivisi proporzionalmente tra i 50 stati (più Washington DC). La battaglia per le presidenziali si giocherà nei singoli stati, quelli senza un chiaro orientamento a favore di uno o dell'altro candidato. Chi vince nei così detti swing states vince le elezioni. Stando agli ultimi dati del portale di informazione politica Real-Clear-Politics, Obama avrebbe la vittoria sicura in 18 stati, che fanno un totale di 237 grandi elettori: mancherebbero dunque all'appello 33 grandi elettori. Romney si fermerebbe a quota 206, a meno 64 dalla vittoria. La vera competizione si gioca quindi in 8 stati, che eleggono 95 grandi elettori. Di questi, quelli più importanti (perché eleggono più “delegati”) sono Florida, Virginia, Colorado e Ohio. Il prossimo Presidente degli Stati Uniti sarà dunque colui che riuscirà a convincere gli elettori di questi key-state. Il punto è che per ora in questi stati, né Obama né Romney sono chiaramente in vantaggio. In Ohio ad esempio, che da dodici elezioni è lo Stato che “decide il Presidente”, e che conta la cifra record di 71000 case pignorate, la partita è davvero serrata; la vera incognita sarà l'astensionismo, già di per sé molto elevato. Vincerà dunque chi riuscirà a mobilitare il maggior numero di elettori potenzialmente astensionisti o sfiduciati, con la grande incognita provocata dagli effetti dell'uragano Sandy, che influirà sicuramente sulla partecipazione, e che per ora sembra favorire il candidato democratico, in virtù della buona prova offerta nella gestione dell'emergenza. Obama ha dalla sua parte un vantaggio importante: è dotato di uno staff organizzativo rodato ed efficiente, che può contare su migliaia di giovani volontari che, contea per contea, letteralmente portano gli elettori ai seggi elettorali per farli votare. Altra incognita è quella del voto femminile; nel 2008 Obama ha si vinto perché molti afroamericani lo hanno votato, ma ha vinto anche e soprattutto perché è stato votato dalle donne. Secondo i sondaggi però, oggi il 64% delle donne iscritte ai registri elettorali considera prioritario il tema dell'aborto, e molte di loro hanno dichiarato che non voteranno più per Obama perché insoddisfatte dalle sue politiche sul tema. Come andrà a finire lo sapremo solo ad urne chiuse. Probabilmente Obama riuscirà ad essere rieletto, vincendo sia pur di pochissimo, in molti degli swing states.