FIRENZE – “Uno più uno fa tre”. E’ lo slogan scelto dall’Anci Toscana, l’associazione dei Comuni, per sostenere il sì ai referendum consultivi che già aprile potrebbero portare quattro coppie o gruppi di Comuni toscani a fondersi. Uno più uno non fa due. Ed è vero. La fusione ha infatti un valore aggiunto: il Comune unico, spiegano tutti, costa di meno e serve di più. Quattordici comuni andranno al voto il 21 e 22 aprile, due a giugno ed altri diciotto, lavori in corso permettendo, forse in autunno. Così, dal prossimo anno, nella Toscana dei campanili dove i campanili sono comunque meno che in altre regioni, potrebbero estinguersi dagli 11 ai 21 Comuni: non più 287, ma 276 o 266. Incentivi dalla Regione fino a 1 milione l’anno “La Regione incentiva le fusioni, che aiutano a risparmiare nella gestione dei servizi” ricorda l’assessore ai rapporti con gli enti locali Vittorio Bugli, che ha partecipato alla conferenza stampa che si è svolta stamani nella sede dell’Anci Toscana a Firenze. Il Consiglio regionale ha di recente aumentato gli incentivi previsti due anni fa dalla legge di riforma delle autonomie locali. Ogni Comune che si fonde può contare oggi su 250 mila euro l’anno di maggiori contributi regionali, fino ad un massimo di un milione di euro per fusione: per cinque anni. A questi si aggiungono i finanziamenti dello Stato, che variano a seconda della popolazione ma sono comunque il 20 per cento dei trasferimenti erariali che gli stessi Comuni potevano vantare nel 2010. Ma soprattutto i Comuni fusi saranno esenti per tre anni dal patto di stabilità. “Tutto questo dà una svola agli investimenti di queste amministrazioni” annota ancora l’assessore, in tempi in cui, per ammissione degli stessi sindaci, gli investimenti dei Comuni sono bloccati o ridotti al lumicino. Soprattutto nei Comuni più piccoli. Bugli fa poi una considerazione più generale sulle riforme e la politica. Davanti ha la cartina con i Comuni che stanno lavorando alla fusione. “E’ la dimostrazione – dice – di come in Toscana, zitti zitti e al di là dei tanti discorsi che si fanno altrove, le riforme istituzionali si sono fatte e si stiano facendo davvero: sostenute dalla Regione ma principalmente con questa spinta dal basso, partite dalla gente e più spesso dai consigli comunali, appoggiate da maggioranza e opposizione”. “Spero – conclude Bugli – che tutte le fusioni in corso si concludano positivamente: anche quella degli otto comuni dell’Elba, la più delicata”. La sola non richiesta all’unanimità dai consigli comunali coinvolti ma con una raccolta di firme. “Parteciperemo perché la cosa vada in porto, ma sono fiducioso” dice l’assessore, che poi annuncia tra i prossimi impegni di voler mettersi al lavoro sui confini dei vari ambiti per renderli omogenei e coerenti anche rispetto alle fusioni e alle nuove unioni. Dove si vota. Qualche numero Il 21 e 22 aprile quattordici Comuni chiameranno al voto gli abitanti maggiorenni, compresi stranieri della Ue ed extracomunitari residenti da almeno cinque che hanno fatto domanda. Si tratta di un referendum consultivo, senza alcun quorum per la validità. Si vota a Figline e Incisa Valdarno in provincia di Firenze, che tre anni fa sono stati i primi ad avviare questo percorso poi emulato da altri, per formare un nuovo comune di oltre 23 mila abitanti Si vota a Castelfranco di Sopra e Pian di Scò in provincia di Arezzo (9.616 abitanti), a Fabbriche di Vallico e Vergemoli a Lucca (848 abitanti) e a Campo nell’Elba, Capoliveri, Marciana, Marciana Marina, Portoferraio, Porto Azzurro, Rio nell’Elba e Rio Marina all’isola d’Elba (32.177 residenti). Se i cittadini daranno il via libera e il Consiglio regionale sancirà poi la fusione sono dieci Comuni ed altrettanti sindaci in meno, 16 assessori contro 44, 56 consiglieri contro 186. L’Irpet ha calcolato, tra economie di scala e costi della politica, un risparmio di 600 mila euro l’anno, che potrebbero crescere con la riduzione, negli anni successivi, di parte del personale. Solo per Incisa e Figline Valdarno si libereranno 27 milioni bloccati di investimenti bloccati dal patto di stabilità e 12 milioni e 700 mila euro, in dieci anni, saranno gli incentivi statali e regionali. A giugno sarà poi la volta di Castel San Niccolò e Montemignaio (3.369 abitanti). Poi ad autunno potrebbe toccare a Scarperia e San Piero a Sieve (12.197 abitanti), Crespina e Lorenzana (5.353 abitanti), Gaiole e Radda in Chianti (4.517 abitanti), Sillano e Giuncugnano (1.172 abitanti), Aulla e Podenzana (13.612), Abetone, Cutigliano, Piteglio e San Marcello Pistoiese (10.830), Vaiano e Cantagallo (13.200), Suvereto e Campiglia Marittima (16.332). In questi casi l’iter per l’indizione del referendum è ancora da completare. In tutto sono coinvolte nove province su dieci: l’unica esclusa è Grosseto.