Tra una vertebra e l'altra della colonna vertebrale vi è il cosiddetto disco intervertebrale, una sorta di ammortizzatore. Questo cuscinetto è costituito da una parte esterna, a forma di anello fibroso, detta “anulus”, e da una parte interna, di consistenza molle, costituita per il 90% di acqua, detta “nucleo polposo”; questo ha la funzione di distribuire a tutto il disco le forze che lo sollecitano. Se tali sollecitazioni sono troppo forti oppure il disco è degenerato, (per esempio a causa di una usura eccessiva), può acccadere che l'anello fibroso si “sfianchi”, deformandosi sotto la spinta del nucleo polposo, (ernia “contenuta”, o “protrusione”), o si “rompa”, facendo fuoriuscire il nucleo polposo, (ernia “espulsa”). Tuttavia abbiamo imparato a sentir definire l'ernia nei modi più vari: bulging, protrusione, ernia contenuta, espulsa, migrata, frammentata, sottolegamentosa, translegamentosa, estrusa. Ci sembra che in merito ci sia molta confusione e che i pazienti finiscano per non saper bene da cosa siano affetti. Proviamo, quindi, a spiegare, in parole povere, come si classificano le alterazioni del disco intervertebrale Una prima grande suddivisione è tra protrusione e ernia: nella protrusione esiste uno “sfiancamento” del disco, che tende a sporgere, ma le fibre dell'anulus che lo circonda sono integre. Nell'ernia, invece, l'anulus è danneggiato: quasi completamente (le fibre più esterne sono integre), nell'ernia contenuta, completamente nell'ernia espulsa. L'ernia espulsa, a sua volta, viene divisa ulteriormente: se non ha rotto il legamento longitudinale posteriore (una sorta di rinforzo posteriore delle vertebre che le separa dal midollo spinale), viene detta ernia espulsa sottolegamentosa, altrimenti ernia espulsa translegamentosa. Un'ulteriore suddivisione dell'ernia espulsa si basa sulla localizzazione dell'ernia stessa: se si è allontanata dal disco che l'ha prodotta, infatti, viene detta “migrata”: possiammo quindi avere un'ernia espulsa migrata sottolegamentosa e un'ernia espulsa migrata translegamentosa. L'ernia discale può verificarsi in qualunque tratto della colonna vertebrale, ma la sua frequenza è nettamente prevalente nel tratto lombare, seguita a notevole distanza dal tratto cervicale; l'ernia dorsale è rara. A livello lombare gli spazi tra le vertebre L4-L5 e L5-S1, (L sta per lombare e S per sacrale), sono interessati nel 95% dei casi, con una quota rispettiva del 45% e 50%, mentre lo spazio L3-L4 incide per il 5% circa. L'ernia del disco può provocare dolori lombari, (“colpo della strega”, lombalgia), oppure dolori radicolari, (agli arti inferiori: sciatalgia, cruralgia; agli arti superiori: brachialgia), così definiti poiché derivanti dalla stimolazione delle “radici” nervose che fuoriescono dalla colonna vertebrale. All'interno della colonna, infatti, sono contenuti il midollo spinale, (che termina all'inizio del tratto lombare), e le radici nervose (presenti nel tratto cervicale, dorsale e lombare); queste fuoriescono a coppie dal canale vertebrale, (una radice a destra e una a sinistra), in corrispondenza di ogni singola vertebra, attraverso un proprio “forame di coniugazione”. Tali radici si prolungano formando i nervi, collegando così i centri nervosi alle varie parti del corpo. L'ernia, agendo come “corpo estraneo”, tocca o comprime la radice, scatenando così il dolore (“conflitto disco-radicolare”); nei casi più gravi, la compressione può provocare disturbi della sensibilità, (formicolii, sensazione di arto “ovattato”, ecc.), o un progressivo deficit di forza in quelle parti del corpo i cui nervi provengono dalla radice compressa. Il dolore può essere causato anche dall'irritazione da parte dell'ernia di altre strutture nervose (come piccole terminazioni sensitive distribuite sulla faccia posteriore delle vertebre), o dalla compressione di vasi che, rigonfiandosi di sangue, comprimono a loro volta le strutture nervose. Tuttavia alcuni studi recenti considerano la possibilità che il dolore possa essere scatenato non solo dalla compressione dell'ernia sul nervo, ma anche dalla produzione, da parte dell'ernia stessa, di sostanze chimiche irritanti che infiammerebbero la radice nervosa. La presenza di un dolore radicolare, (brachialgia, cruralgia, sciatalgia), o di un “colpo della strega”, rappresenta un campanello d'allarme, così come l'accentuarsi del dolore con la tosse o con gli starnuti. Se la sintomatologia non dovesse regredire in pochi giorni con il riposo e gli antiinfiammatori, vi consigliamo di rivolgervi ad un medico specialista: qualora la diagnosi dovesse essere “ernia del disco”, non ci si deve far prendere dal panico! Mentre fino ad alcuni anni fa parlare di ernia discale significava intervento chirurgico, oggi si tende a considerarlo come “ultima possibilità”. In particolare risulta essere efficace in alcuni casi l'ossigeno-ozono terapia, che può essere utilizzata con diverse metodiche, oppure infiltrazioni vertebrali (epidurali) con cortisonico. Esistono inoltre tecniche cosìdette “percutanee”, cioè che vengono eseguite utilizzando semplicemente un ago, che possono permettere di rimuovere parte del disco erniato senza dover forzatamente ricorrere all’intervento chirurgico. Importante è anche seguire, non appena il dolore incomincia a recedere, un programma di riabilitazione e movimento, al fine di rendere stabile il miglioramento e permettere un più rapido recupero delle attività quotidiane. Dr. Marco La Grua Specialista in Anestesia e riamimazione Master in Terapia del Dolore