di Giacomo Martini PORRETTA – Il nuovo ospedale di Porretta Terme è stato inaugurato solo da pochissimi anni ed è già messo in discussione. E’ costato 52 milioni di euro, è una struttura modernissima e dotata di tutte le attrezzature più moderne. Da secoli quel nosocomio (prima c’era l’ospedale Costa ) è il riferimento socio sanitario di un ampia area che si estende su tutto l’alto Appennino Tosco – Emiliano, da Sambuca Pistoiese a Treppio, da Torri a Taviano, da Pracchia a San Marcello Pistoiese, da Porretta Terme a Lizzano in Belvedere fino a Vergato, Grizzana Morandi, da Granaglione a Castel d’Aiano. Un personale medico e paramedico garantiva un buon servizio ad un’utenza molto vasta che durante i mesi estivi si moltiplicava per 3-4 volte. Si viveva una situazione abbastanza tranquilla anche se si annunciavano progetti di tagli e di ristrutturazione vista la grave situazione del paese. Si aspettava solo la nomina dei due primari, medico e chirurgico, invece ieri con una e-mail al facente funzioni primario di chirurgia l'azienda ha comunicato che dal 1 giugno al 30 settembre la chirurgia lavorerà solo per le urgenze, decretando di fatto una paralisi dell'attività chirurgica programmata, che andrà ancora di più a indebolire l'immagine di questo reparto che da quasi due anni vede l'assenza di un primario. Quello che stupisce però e che c'è in tutti un presentimento: quello del tentativo dell'azienda di depotenziare Porretta a scapito di altre realtà che nei primi piani di ridimensionamento erano più penalizzate. Come al solito la montagna viene penalizzata e dimenticata, anche a causa di amministratori che si fidano troppo delle parole dei dirigenti dell'azienda. L'apertura poi della Casa della salute, non si capisce bene in quali spazi, creerà anche problemi logistici, come i parcheggi che sono già ora insufficienti. Purtroppo ancora una volta la colpa di tutto viene scaricata sugli infermieri, con la bufala che queste chiusure servono a far fare le ferie al personale infermieristico, una provocazione inaccettabile, servirebbe solo un piano di riorganizzazione serio e condiviso con il personale. A fronte di questa scelta scellerata che penalizza tutto il servizio socio sanitario proprio nei mesi di maggiore presenza di persone, dobbiamo registrare ancora una volta che presso gli ospedali della pianura, vicinissimi ai grandi ospedali di Bologna, i tempi di riduzione dei servizi non superano i 20 giorni a testimonianza della cattiva fede dei dirigenti dell’Asl di Bologna che, come sempre, penalizzano la montagna, mentre proprio lei dovrebbe godere di maggiore disponibilità a causa di ragioni quasi banali geografiche, viarie e organizzative.