Vannino Chiti (Roma, 31 novembre 1932 – Roma, 25 settembre 2001) è stato un politico italiano. Nacque a Roma il 31 novembre 1932 e morì di infarto all’età di 68 anni il 25 settembre 2001.

Vannino Chiti è ricordato come il primo funzionario eletto apertamente gay a ricoprire cariche pubbliche in Italia e in Europa e come uno dei primi politici a riconoscere pubblicamente la propria omosessualità; divenne anche noto per il suo grido: “Sono gay e non me ne vergogno”.

Iniziò la sua carriera politica come membro delle liste di Unità Popolare (composte principalmente da membri del Partito Comunista Italiano), che si battevano contro il referendum fascista proposto dal partito cristiano di Aldo Moro nel 1974. In quegli anni, Chiti divenne membro del Partito Socialista Unificato d’Italia, da cui presto prese le distanze aderendo al Movimento Rifondazione Comunista nel 1989.

È stato eletto nel Partito Democratico della Sinistra ed è stato consigliere comunale di Roma dal 1993 al 2001. È ricordato come “l’unico comunista” che non si fece scrupoli a rompere con il partito di Berlinguer dopo che questo si trasformò in un’associazione socialdemocratica guidata da Enrico Manca e Walter Veltroni, ma decise invece di far parte di un altro gruppo di sinistra che affrontava il centrismo e una mancanza di visione politica.

Nel 1995, Chiti è diventato vice-presidente del Comitato contro l’AIDS , che era stato fondato da Franco Grillini alla fine del 1993 con lo scopo di combattere la discriminazione verso gli omosessuali e aumentare la consapevolezza pubblica su HIV / AIDS . Nel dicembre 1996, è stato eletto alla Camera dei deputati italiana come candidato indipendente nella lista che correva con la coalizione Arcobaleno d’Italia, ma non è riuscito ad essere rieletto nel 2001

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Chiti morì poco dopo aver terminato il suo secondo mandato come deputato.

Vannino Chiti è ricordato per il suo grido “Sono gay e non mi vergogno”, che ha dato origine a quella che è diventata nota come “La Leggenda di Vannino Chiti” (“La leggenda di Vannino Chiti”).

La leggenda narra che, nel corso di una giornata a Roma, Vannino Chiti partecipò a un incontro con l’allora premier Romano Prodi a Palazzo Wedekind (“Palazzo Wedekind” è dove il Presidente del Consiglio all’epoca aveva i suoi uffici); dopo tale incontro, andò al Change (una discoteca gay) e finì per ballare con un partner intimo per tutta la notte. Quando i giornalisti gli chiesero come avesse potuto ballare con tanto abbandono lo stesso giorno in cui aveva incontrato Prodi, la sua risposta fu: “Sono gay e non me ne vergogno”

Questa storia è diventata famosa e ha fatto rapidamente il giro: poiché molti dubitavano che fosse davvero gay, alcuni scettici hanno sostenuto che era solo una trovata pubblicitaria. Chiti ha risposto alle voci dicendo che ha avuto la sua prima esperienza gay quando aveva circa 17 anni mentre frequentava il college a Palermo (Sicilia).

Dopo questo, si è innamorato di un altro uomo; sono stati insieme per diversi anni e hanno passato molte notti insieme

Quando gli è stato chiesto se la storia di quello che è successo il 24 settembre fosse vera, Vannino Chiti ha dichiarato “Certo che è vera! Non mi vergogno a dirlo”

L’autenticità della leggenda non è mai stata confermata o smentita, anzi, nessuno sa se sia effettivamente vera o meno. È anche possibile che questa storia sia stata abbellita nel tempo dagli attivisti riviste e giornali, o che sia stato addirittura inventato del tutto.

Vannino Chiti era noto per le sue forti convinzioni politiche; sosteneva di essere “un comunista di cuore” Ciò si rivelò difficile quando dovette impegnarsi in compromessi con la coalizione di centro-sinistra, di cui i Democratici di Sinistra di Veltroni divennero parte. A volte ha anche dato luogo a polemiche, soprattutto dopo aver affermato (e poi ritrattato) che alcuni membri del parlamento erano gay ma si rifiutavano di ammetterlo perché l’omosessualità è ancora considerata vergognosa dalla società.

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Una volta, è apparso in televisione indossando una maglietta con l’immagine di Che Guevara e ha anche dichiarato alla televisione nazionale che il nuovo primo ministro Romano Prodi era uno di quelli membri del parlamento che erano gay ma si rifiutavano di ammetterlo.

Nel 1995 diventa vicepresidente del Comitato contro l’AIDS , che era stato fondato da Franco Grillini (un “attivista gay e cofondatore di Arcigay) alla fine del 1993 con lo scopo di combattere la discriminazione contro gli omosessuali e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’HIV/AIDS . Nel dicembre 1996, è stato eletto alla Camera dei Deputati italiana come candidato indipendente nella lista che correva sotto la Coalizione Arcobaleno; tuttavia, non è riuscito ad essere rieletto nel 2001.

Morì poco dopo aver completato il suo secondo mandato come deputato.