di Alberto Vivarelli Quarrata. La rapina non è stata una simulazione, chi ha ucciso don Mario Del Becaro ha cercato di portare via soldi e oggetti preziosi, ma il movente è stata la vendetta, come dimostrerebbe la rabbia con la quale i malviventi si sono accaniti contro il parroco. I risultati dell'autopsia hanno infatti evidenziato numerose lesioni interne e fratture. Centrale nell'inchiesta rimane la figura del giovane nomade, nato a Prato e residente nel campo nomadi della città laniera, che don Mario stava aiutando ad uscire dal giro della droga. Centrale anche se da definire. Il giovane si trova in carcere. C'è entrato il 18 dicembre, in seguito alla denuncia ai Carabinieri del parroco di Tizzana, per un tentativo di estorsione, dopo essere stato anche picchiato. E non era la prima volta che don Mario si rivolgeva ai Carabinieri. Proprio per questo i militari aveva intensificato i controlli alla chiesa. A carico del giovane c'è anche la denuncia di violazione di domicilio, come ci ha detto il suo avvocato nominato dal Tribunale. Il gip ha convalidato l'arresto il 21 dicembre e il suo legale, al quale non sono state messe a disposizione ancora le carte, non ha presentato al momento alcuna istanza di scarcerazione. Ma gli inquirenti puntano su di lui: qualcuno ha voluto vendicare le ripetute denunce di don Mario e il successivo arresto del nomade, forse due persone, che hanno eseguito una vera e propria mattanza, trascinando il parroco da una stanza ad un'altra continuando a colpirlo con calci e pugni, dopo averlo imbavagliato, perché le sue urla non si sentissero nella piazza. Le risposte sono quasi sicuramente nel campo nomadi di Prato, ne sono convinti anche gli investigatori. Coloro che hanno ucciso don Mario non sono andati a caso: conoscevano il posto e le abitudini del prete, sapevano che accanto alla chiesa c'è una pizzeria e quindi dovevano agire ma senza farsi sentire. Hanno avuto anche un pizzico di fortuna perché potevano incrociare la persona che era stata a cena dal parroco e che intorno alle 22 ha lasciato la canonica. Oppure stavano tenendo sott'occhio la chiesa aspettando il momento buono. Quando si sono avvicinati alla porta, hanno suonato. L'ora non era tarda, poteva essere anche un parrocchiano o qualcuno che aveva bisogno del prete, impossibile non aprire la porta. Probabilmente si sono fatti aprire con una scusa e una volta dentro hanno messo in moto quell'orribile pestaggio. Poi se ne sono andati accostando la porta e rubando l'auto. Non avendo trovato niente o solo povere cose, i killer hanno pensato che forse con un auto qualche soldo si potesse ricavare, magari nel giro della ricettazione. Ma ora la Punto del parroco brucia perché da venerdì sera gli stanno dando la caccia le forze dell'ordine, non solo in Toscana. Setacciati i campi nomadi dei Sinti, controlli sulle strade. Difficile anche disfarsene. Adesso le belve di Tizzana hanno davvero pochi posti in cui nascondersi.