di Federica Mabellini Da qualche tempo una serie di nuovi termini e sigle sta circolando nel linguaggio di tutti i giorni. Si sente spesso parlare di programmazione neurolinguistica, con il suo acronimo italiano Pnl e l’originale inglese Nlp.Si moltiplicano i corsi di miglioramento personale, sempre più persone si rivolgono a motivatori e life-coach (professionisti che si occupano di sviluppare le potenzialità dell’individuo) e, in qualche modo, la Pnl ci finisce in mezzo.Tutti ne parlano, ma di che si tratta? E, soprattutto, a cosa serve?  Per capirlo bisogna partire dalla sua storia. La Pnl nasce negli anni Settanta da Richard Bandler e John Grinder. Siamo all’Università di Santa Cruz in California e i due cominciano a studiare la tipologia di comunicazione usata da alcuni psicoterapeuti di scuole diverse, ma che avevano in comune il fatto di ottenere grandi risultati con i propri pazienti. La sfida era scoprire cosa rendeva particolarmente efficaci questi terapeuti.Dall’analisi del linguaggio usato da Fritz Pearl (terapeuta Gestalt), Virginia Satir (terapia della famiglia) e Milton Erickson (ipnotista), Bandler e Grinder estrassero vari modelli di comunicazione che erano in grado di generare cambiamenti positivi nei pazienti e li elaborarono.L’idea era quella di rendere replicabili quei modelli e offrire tecniche e risorse usabili direttamente da chiunque volesse migliorare se stesso, gestire le emozioni e cambiare gli atteggiamenti di pensiero negativi e le convinzioni limitanti. La “promessa” della Pnl, in sostanza, era ed è quella di fornire strumenti per aumentare l’efficacia personale e vivere meglio con sé e con gli altri. Visto che si parla di programmazione neuro-linguistica, è legittimo chiedersi se tutto questo può avvenire semplicemente facendo leva sul linguaggio.In effetti il piano della comunicazione svolge un ruolo decisivo nella nostra vita: lo si comprende bene se si tiene conto del fatto che esiste un linguaggio del corpo e che non si comunica solo con le parole, ma anche con i gesti, la postura, lo sguardo, il tono della voce e perfino con la respirazione.Gli altri ci “leggono” soprattutto da questi segnali e anche noi, inconsciamente, siamo influenzati dal modo con cui parliamo a noi stessi, respiriamo e usiamo il nostro corpo.Ad esempio, ci sono persone che in certi momenti si sentono “inadeguate”. Magari qualcuno ha notato che, ogni volta che si trova in una certa situazione, il senso di inadeguatezza si manifesta con una vocina che dice: “non mi riuscirà mai” o “non ce la puoi fare”. E spesso si tende a dare ascolto a quella voce, ad andarle dietro, generando proprio quel comportamento che si vorrebbe evitare.La Pnl insegna, tra le molte altre cose, ad intervenire sulla vocina maligna, magari ridicolizzandola o allontanandola fisicamente, e a cambiare il nostro dialogo interiore, affinché questo non ci renda più insicuri e smetta di riflettersi negativamente sulle nostre azioni.In pratica, la Pnl parte dalla considerazione che il linguaggio (verbale e non verbale) con cui parliamo a noi stessi influenza la nostra neurologia e di conseguenza il nostro comportamento, per cui intervenire sul linguaggio significa poter cambiare il comportamento stesso e renderlo più efficace. Gli strumenti della Programazione neurolinguistica risultano particolarmente adeguati per lavorare sulla gestione delle emozioni e degli stati d’animo cosiddetti depotenzianti, acquisire sicurezza ed entrare velocemente in sintonia con gli altri.Va da sé che le applicazioni della Pnl sono infinite: dalla comunicazione efficace alla psicoterapia, dal benessere all’apprendimento rapido, dal business allo sport. Federica Mabellini Master Pnl