“Ne uccide più la lingua che la spada” si legge nel Vecchio testamento: una frase che stimola la riflessione e che descrive, seppure non intenzionalmente, il male che facciamo a noi stessi quando ci parliamo in termini negativi. Il nostro dialogo interno, cioè il dialogo continuo che intratteniamo con la nostra mente, è fatto di elenchi di cose da fare, punti interrogativi, canzoni, commenti ed epiteti poco gentili rivolti ad altri, ma anche di giudizi che diamo sui noi stessi Che la vocina che ci parla sia la nostra o quella di qualcun altro, le parole che ci diciamo hanno un immenso potere sul nostro stato emotivo, sulle nostre convinzioni e, di conseguenza, sulle nostre stesse azioni e le esperienze che facciamo. Le parole che ci diciamo costantemente, e magari anche intensamente, con l’andare del tempo diventano la nostra realtà. Per questo è importante fare attenzione a come parliamo a noi stessi: cambiare le parole che usiamo fa anche cambiare la percezione dell’avvenimento o dell’emozione che stiamo descrivendo a noi stessi. Ma non è solo il significato delle parole ad essere importante. Lo è anche il suono con cui vengono pronunciate nella nostra mente. Prendiamo ad esempio la classica frase, o profezia autoavverantesi, “non sono in grado” oppure quel “non capisci niente” che ci siamo sentiti dire da piccoli. Sono “ritornelli” che si spesso riaffacciano, buttando a terra il nostro stato vitale, proprio quando ce ne sarebbe meno bisogno: paroline petulanti che ci metto a disagio. E, allora, che fare? Gli strumenti proposti dalla Programmazione neurolinguistica (Pnl) per cambiare il proprio dialogo interiore sono diversi. Un giochetto abbastanza semplice da usare per mettere letteralmente a tacere la voce che ci sussurra alla mente frasi depotenzianti, è quello di abbassare il volume fino a far scomparire del tutto il suono della voce. Basta immaginare di avere davanti la manopola di una vecchia radio (un mixer, una tv, uno stereo o qualsiasi cosa abbia un volume da poter regolare) e girarla fino allo zero. Provare per credere: il fastidio diminuisce sensibilmente. E se non bastasse? Si può ricorrere alla cosiddetta Bugs bunny cure, altro giochetto che viene chiamato anche in molti altri modi. In pratica, basta distorcere la voce imperiosa che ci infastidisce, sostituendola con una vocetta ridicola, da cartone animato (quella di Bugs Bunny, appunto, o di Paperino o di Bi-bip) e ripetere ad alta voce, cantilenando, la frase incriminata. Naturalmente, le stesse tecniche possono essere utilizzate per neutralizzare anche le parole “fastidiose” di qualcuno, che continuano a rimbombarci nella testa: abbassiamo il volume oppure usiamo la Bugs Bunny cure. E ricordiamo che la ripetizione è la madre di ogni successo.   Federica Mabellini NLP Master Pract